
RAPPORTI DI LAVORO
Da circa tre mesi, ogni giorno, su ogni mezzo di informazione e su ogni social siamo bombardati da avvertimenti e suggerimenti finalizzati alla nostra incolumità, a tutela della salute pubblica.
Il susseguirsi di provvedimenti governativi recanti misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 (da ultimo il D.P.C.M. del 26 aprile 2020) ha determinato pesanti restrizioni alle libertà costituzionalmente garantite, imponendo una riflessione anche sulle conseguenze che gli stessi hanno prodotto sui rapporti lavorativi in essere.
Un primo piano d’analisi è certamente quello relativo alla gestione del rapporto di lavoro.
Sotto tale specifico profilo, innanzitutto, ha assunto rilevanza il cd. “Smart Working”: un accordo tra datore di lavoro e lavoratore, introdotto in Italia dalla L. n. 81/ 2017 (cd. Jobs Act autonomi), che permette lo svolgimento della prestazione lavorativa, in tutto o in parte, all’esterno del “luogo di lavoro” con l’ausilio di strumenti tecnologici idonei. Esso non si risolve in una nuova tipologia contrattuale, bensì in una divergente modalità di esecuzione dei contratti di lavoro già previsti dal nostro ordinamento ed è stato esplicitamente indicato dalla legislazione di emergenza come uno degli strumenti idonei a limitare gli inevitabili disagi creatisi in questo momento di allerta.
Al fine di prevenire il contagio, al datore di lavoro è stato altresì richiesto di evitare che il dipendente effettui trasferte, salvo che in caso di assoluta necessità. Per ovviare a tale evenienza è stato raccomandato, quando possibile, l’utilizzo di altre tecniche, come ad esempio le video-conferenze, che permettono di tenere in contatto i vari operatori economici operanti in territori differenti senza, però, prevedere lo spostamento fisico del personale.
In ipotesi di totale sospensione dell’attività lavorativa (dalla quale si tenta “timidamente” di uscire per mezzo del citato D.P.C.M. del 26 aprile 2020), si è di fronte ad un’impossibilità della prestazione indipendente dalla volontà del lavoratore: in tal caso, al datore di lavoro, per provvedimento dell’Autorità pubblica, è impedito lo svolgimento della normale attività di impresa, rimanendo tuttavia a suo carico la retribuzione del lavoratore pur in assenza della prestazione, ferma restando la possibilità del lavoro da remoto, qualora la tipologia lavorativa e le modalità organizzative del datore lo consentano.
Peculiare, inoltre, è il caso dell’assenza dal posto di lavoro per quarantena obbligatoria (ovvero disposta coattivamente per ordine dell’Autorità), che dovrà essere gestita come qualsiasi altro caso di ricovero: i lavoratori obbligati alla quarantena sono stati equiparati a quelli in malattia e la relativa retribuzione per il periodo di assenza è stata posta a carico diretto dello Stato e non del datore di lavoro.
Anche in caso di assenza per quarantena volontaria (dovuta alla vicinanza con persone contagiate o sospette di contagio ovvero provenienti da luoghi a rischio, ecc.), pur in assenza di sintomi, al lavoratore dovrà essere garantita la retribuzione, essendo la fattispecie assimilabile a quella della quarantena obbligata da provvedimento della pubblica Autorità.
Si tratta, comunque, di ipotesi ben diverse dall’assenza volontaria per il solo timore di contrarre il virus. In tali circostanze, e fino a diversa disposizione dell’Autorità o dello stesso datore, si potrebbe configurare l’ipotesi di assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, che potrebbe condurre a provvedimenti disciplinari.
In ogni caso, l’assenza volontaria andrebbe, ovviamente, commisurata all’adempimento, da parte del datore, di tutte le direttive e, in genere, di ogni accorgimento atto a garantire la salute del lavoratore.
È noto, infatti, come l'art. 2087 c.c. imponga l’onere di “adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Onere ribadito ed ampliato dalla normativa di riferimento (D.lgs. n. 81/2008, con le novità introdotte dal D.lgs. n. 106/2009).
In altri termini, il datore di lavoro ha l’obbligo di salvaguardare l’integrità psicofisica del lavoratore, eliminando o cercando di ridurre al massimo i rischi che dall’esecuzione della prestazione possono derivargli. Pertanto, in relazione al contenimento degli effetti del Coronavirus, il datore è chiamato a rispettare e a far rispettare le norme cogenti predisposte dalle Autorità, oltre a rafforzare le ordinarie indicazioni igieniche comunemente in atto.
In ogni caso, resta ferma la possibilità per il datore di lavoro di porre in ferie o in permesso (magari in attesa di richiedere eventuali ammortizzatori sociali) i lavoratori le cui mansioni non possano essere svolte da remoto ovvero che non siano “indispensabili” per l’impresa.
Ciò detto, meritevole d’interesse è altresì l’esame delle misure emanate a tutela dei lavoratori con l’obiettivo di predisporre strumenti di sostegno al reddito in conseguenza della riduzione o sospensione del lavoro conseguente all’emergenza.
Relativamente agli ammortizzatori sociali, sono state introdotte le seguenti misure eccezionali.
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Cassa integrazione: i lavoratori dipendenti di aziende private in difficoltà a causa del Coronavirus (obbligati a sospendere o ridurre l’orario lavorativo nel periodo intercorrente tra il 23 febbraio 2020 e il mese di agosto 2020) possono usufruire della cassa integrazione o dell’assegno ordinario per un periodo non superiore a nove settimane. Tale misura è rivolta anche ai dipendenti di aziende che si trovano già in Cassa integrazione straordinaria e ai dipendenti le cui aziende hanno fatto ricorso agli assegni di solidarietà, nonché estesa anche alle aziende con meno di 5 lavoratori (esclusi i lavoratori domestici).
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Licenziamenti e disoccupazione: ai lavoratori licenziati nel periodo tra il 1° gennaio 2020 ed il 31 dicembre 2020 è stato concesso maggior tempo per la presentazione della domanda di disoccupazione NASPI e DIS-COLL, passando dagli attuali 68 giorni sino a un massimo di 128 giorni dalla data di cessazione del rapporto. Risultano, inoltre, sospesi sino al 18 maggio 2020 i licenziamenti per giustificato motivo, così come quei licenziamenti le cui procedure sono state avviate successivamente al 23 febbraio 2020.
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Domande a INPS e INAIL: è stato sospeso (dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020) il decorso dei termini di decadenza e prescrizione per le prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate dall’INPS e dall’INAIL.
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Reddito di cittadinanza: sono stati sospesi per due mesi (a partire dal 18 marzo 2020) gli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza ed i relativi termini (convocazione da parte dei Centri per l’Impiego, stipula del Patto per il lavoro o del Patto per l’inclusione sociale).
Sul fronte del lavoro, a seguito della riduzione o sospensione dell’attività, il Governo è intervenuto, sostanzialmente, mediante la predisposizione di bonus fruibili dai lavoratori. Di seguito il dettaglio delle misure:
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lavoratori autonomi e stagionali: è stata riconosciuta (entro diversi limiti di spesa e per il mese di marzo 2020) un’indennità pari a 600 euro in favore dei seguenti soggetti, qualora non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie:
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liberi professionisti con partita iva attiva alla data del 23 febbraio 2020, compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici con attività di lavoro autonomo e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi al 23 febbraio 2020, iscritti alla Gestione separata Inps (stanziamento di 203,4 milioni di euro);
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lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago (Artigiani, commercianti, coltivatori diretti/mezzadri/coloni) ed eventualmente iscritti anche alla gestione separata INPS (stanziamento di 2,16 miliardi di euro);
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lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di rapporto di lavoro dipendente al 17 marzo 2020 (stanziamento di 103,8 milioni di euro);
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operai agricoli a tempo determinato, che nel 2019 abbiano effettuato almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo (stanziamento di 396 milioni di euro);
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lavoratori iscritti al Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo, con almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, che abbiano avuto un reddito nel 2019 non superiore a 50.000 euro, e che al 17 marzo 2020 non fossero titolari di rapporto di lavoro dipendente (stanziamento di 48,6 milioni di euro);
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lavoratori titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche, preesistenti alla data del 23 febbraio 2020 (stanziamento di 50 milioni di euro).
Le suddette indennità (ad eccezione di quella prevista a favore dei collaboratori presso federazioni sportive) non sono cumulabili tra loro.
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Fondo per i lavoratori danneggiati: è stato creato un fondo per i lavoratori danneggiati al fine di garantire un’indennità in caso di cessazione, riduzione o sospensione dell’attività lavorativa (autonoma o dipendente).
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Bonus 100 euro lavoratori in sede: per i dipendenti con reddito inferiore a 40.000 euro nel 2019 è stato previsto un premio netto di 100 euro nella busta paga di aprile o entro il conguaglio di fine anno qualora abbiano lavorato in sede, parametrato sui giorni di lavoro ivi prestati.
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Bonus 500 euro lavoratori autonomi prima Zona Rossa: per i collaboratori coordinati e continuativi, gli agenti, i rappresentati commerciali, gli autonomi e i professionisti che svolgono la loro attività lavorativa al 23 febbraio 2020 nei comuni della prima zona rossa, è stata riconosciuta un’indennità aggiuntiva di 500 euro (per un massimo di tre mesi) da parametrare all’effettiva sospensione dell’attività lavorativa (stanziamento 5,8 milioni di euro per il 2020).
Relativamente ai provvedimenti a favore delle famiglie, l’attività del Governo si è resa necessaria in ragione della sospensione – conseguente all’emergenza epidemiologica – dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado. Il cd. “pacchetto famiglia” può essere riassunto come segue.
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Congedo parentale: è stato introdotto un congedo parentale di 15 giorni extra per i genitori che lavorano e hanno figli minori di 12 anni o senza limiti di età in caso di figli disabili in situazione di gravità. Il congedo potrà essere diviso tra i genitori anche non continuativamente, ferma l’impossibilità di una fruizione contemporanea e di accesso alla misura se uno dei due genitori usufruisce di altri strumenti di sostegno al reddito (per cessazione o sospensione dell’attività lavorativa) o non lavora. L’accesso al congedo prevede una decurtazione dello stipendio pari al 50%. Tale misura è applicabile anche agli autonomi iscritti alla gestione separata cui è riconosciuta un’indennità massima pari al 50% di quella per la maternità.
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Congedi non retribuiti: sono stati previsti anche congedi similari ai precedenti, ma non retribuiti (e senza contribuzione figurativa) per chi ha figli tra i 12 e 16 anni di età; rimane tuttavia il diritto alla conservazione del posto di lavoro e il divieto di licenziamento.
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Voucher baby sitter: alternativamente al congedo, per i genitori con figli fino a 12 anni d’età è stata introdotta la possibilità di ottenere un voucher di 600 euro per pagare un baby sitter, la cui erogazione avverrà per il tramite dell’INPS direttamente sul libretto di famiglia. Per i dipendenti del settore sanitario pubblico o privato l’ammontare del bonus è pari a 1.000 euro.
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Carta Famiglia: è stata introdotta (per tutto il 2020) la possibilità di richiedere la Carta Famiglia (con cui ottenere sconti ed agevolazioni presso i negozi convenzionati) per le famiglie italiane con almeno un figlio (fino a 26 anni di età) nel nucleo familiare.
Questo, in estrema sintesi, il quadro delle misure messe in campo. Non resta che l’auspicio di un potenziamento della “manovra” di politica economica posta in essere dall’Esecutivo, oltremodo necessaria di fronte alle allarmanti stime di una caduta del Pil pari al 9,1